Verso una (grande) federazione liberale?

Giovedì 25, con una conferenza stampa annunciata meno di 48 ore prima è stata posta la pietra di fondazione del progetto che Michele Boldrin aveva annunciato da mesi: una federazione di partiti, movimenti e gruppi di ispirazione liberale con il duplice scopo di superare Fare per Fermare il Declino e creare un partito riformista in grado di incidere numericamente sugli equilibri politici italiani.

Più o meno in contemporanea è stato messo online il sito, dal titolo forse un po’ banale di  “In cammino per cambiare”  con tutti i dettagli dell’impresa, dai soggetti politici che hanno aderito, al programma di massima, fino al nome dei singoli firmatari del manifesto.

Comprensibilmente, le prime ore successive all’evento sono state teatro di grande agitazione e anche di rumors più o meno bizzarri, il più fortunato dei quali ha riguardato un eventuale ingresso di Corrado Passera nella nascente formazione.

Come al solito, luci e ombre. Questo, in sintesi, il nostro punto di vista:

Luci

  • Boldrin ha fatto quanto aveva annunciato, lo ha fatto mettendoci la faccia e lavorando senza posa, perlopiù o sue spese. Questa, a prescindere dalle valutazioni di merito, è innanzitutto una dimostrazione di serietà e coerenza.
  • Andare oltre FARE, il cui nome continua nell’immaginario collettivo ad essere legato alla sesquipedale figuraccia di Giannino, era avvertita da molti come una necessità improcrastinabile, e questo progetto è riuscito a muovere il primo passo in tale direzione.
  • Il manifesto di “In cammino per cambiare” ricalca in maniera piuttosto pedissequa i famosi “10 punti” del programma di Fermare il Declino, autentico punto di forza del partito. Questo, tra l’altro, fa intendere piuttosto chiaramente chi sia il soggetto federante e chi quello federato.
  • Aver federato una sigla storica come il Partito Liberale potrebbe (il condizionale è d’obbligo) in qualche modo generare un ritorno d’immagine.

Ombre

  • Il peso politico degli interlocutori è pressoché insignificante. Per capirci, alle recenti elezioni comunali su Roma, il candidato del PLI Edoardo De Blasio ha raccolto 974 voti, una percentuale (0,08%) che non è neppure da “prefisso telefonico”. Casapound è riuscita a fare quasi dieci volte meglio, ed è tutto dire. Gli altri soggetti,  sconosciuti ai più, sono, dal punto di vista meramente ponderale, sul medesimo livello di inconsistenza.
  • Uno dei punti di forza di FARE per Fermare il Declino era quello di riunire persone ed eccellenze della società civile: dunque niente politici di professione e soprattutto nessun legame con la cd. Prima Repubblica. Il nuovo progetto rompe entrambi i cardini di questo schema, con l’ingresso dell’ex leghista Alessandro Cè e di vecchie conoscenze della politica italiana come Stefano De Luca, sottosegretario di stato alle finanze dal 1987 al 1994 nei governi Goria, De Mita, Andreotti (6 e 7), Amato e Ciampi.
  • L’immagine del PLI è ampiamente logorata, e le recenti avventure (come la candidatura – di nuovo! – della sig.ra Staller, in arte “Cicciolina”) non hanno giovato a rimuovere dalla memoria degli italiani i ricordi del Pentapartito.
  • Alcuni punti del manifesto di FiD sono spariti (ad es. le liberalizzazioni, di cui non v’è traccia nel nuovo manifesto) e altri di ispirazione più socialista hanno trovato maggiore risalto (e.g. §4 «Riforma dello Stato in senso federale… con meccanismi di perequazione trasparenti a favore delle aree più deboli» e §5 «Riforma del diritto del lavoro…  mediante l’introduzione di un sussidio di disoccupazione universale»).

In conclusione, se le cose restassero così, il giudizio sarebbe sostanzialmente negativo. Le cose potrebbero cambiare solo se l’aver messo in moto un progetto nuovo riuscisse ad attrarre altre e più cospicue espressioni della società civile: ItaliaFutura, Scelta Civica (salvo l’ala scissionista di Mauro) ed eventuali outsiders come il già citato Corrado Passera. In tal caso, infatti, il minore impatto riformista del programma sarebbe almeno bilanciato da un maggiore peso in termini numerici.  Se tali condizioni si verificheranno, il progetto di avere un polo liberale e riformista decisivo dal punto di vista ponderale sarebbe finalmente realizzato, in tutti gli altri casi avremmo assistito ad un vano esercizio di stile e alla fine di Fermare il Declino.

 

Valerio Polidori

 

 

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