La crisi ucraina tra fatti e congetture

Non si può dire che questa guerra fosse inaspettata. Gli USA avevano dato facts and figures con ampio anticipo, come se un vistoso quanto inconsueto spoiler su base planetaria potesse fermare quello che evidentemente era un piano preparato da mesi, forse anni. D’altro canto tenere quasi 200.000 uomini e mezzi al fronte ha un costo spaventoso, e dopo un po’ il bluff diventa insostenibile, o quantomeno irragionevole se sul piatto della bilancia ci sono “solo” regioni relativamente insignificanti come quelle del Donbass e/o la Crimea.

Preso atto che la gran parte degli analisti geopolitici ha preso un sesquipedale granchio sulle reali ambizioni belliche di Putin, occorre innanzitutto cercare di separare – per quanto possibile – i fatti dalle interpretazioni. E allora cominciamo dai fatti:

  1. Putin ha grossi problemi in patria. Di fronte ad una crescente crisi economica interna si sta facendo strada un cospicuo fronte democratico che tuttavia ancora non riesce a organizzarsi a causa della sistematica repressione (leggasi caso Navalny). Ciò che attualmente tiene in vita Putin è il mito della Grande Russia che si contrappone al rammollito e immorale Occidente.
  2. Questo mito viene alimentato con gesti concreti quali un forte legame con la Chiesa Ortodossa all’interno e una politica neo-espansionista all’esterno (leggasi Abkhazia prima e Crimea/Donbass dopo).
  3. Piccole guerre regionali si possono combattere in maniera ibrida e facendo ricorso a contractors o a militari senza insegne. Quella vera invece è diversa, e soprattutto costa parecchio. Quanto esattamente? Secondo il generale estone Riho Terras, con 200 mila uomini impiegati su già fronti, circa 20 miliardi di dollari al giorno, il che rende uno scenario bellico insostenibile anche solo nel breve periodo per la Russia.
  4. In ragione di (3), Putin aveva in mente un Blitzkrieg su Kiev da operarsi in 48-72 ore, il che rende perfettamente ragione del fatto che le truppe in Bielorussia siano state nascoste e infine schierate per ultime. Con una guerra lampo e l’instaurazione di un Lukašėnka qualunque sulla vecchia capitale dell’impero russo Putin sarebbe tornato in patria con una restaurazione de facto se non de iure di un bel pezzo della fu Unione Sovietica.
  5. Le cose, tuttavia, sono andate diversamente. Contrariamente alle aspettative le truppe russe cercano di entrare a Kiev da due giorni senza riuscirci. Miracoli delle molotov caserecce della popolazione ucraina? Piuttosto improbabile. Merito della strenua difesa dell’esercito ucraino? Possibile. Ma quando sui canali Telegram iniziano a girare video con colonne di blindati russi in fiamme il dubbio che ci sia una “manina” occulta sorge. Specie se più o meno nelle stesse ore i generali russi cominciano a denunciare la presenza nei cieli di droni USA. Droni che possono partire dalla Polonia senza incorrere nel rischio di essere intercettati o anche solo scovati in cieli nemici. Questi costosissimi giocattoli sono in grado sia di fornire informazioni tattiche alle truppe di terra, sia quella di effettuare attacchi mirati specie su bersagli relativamente facili come i convogli di approvvigionamento carburante che seguono i carri armati.
  6. L’esercito russo potrebbe aprirsi la strada verso Kiev facendo ricorso a un massiccio uso di artiglieria combinato ad attacchi aerei, ma Putin non può permettersi un bagno di sangue, che costringerebbe USA e NATO a rivedere i suoi statements di non-intervento.
Drone MQ-9 Reaper alla base di Miroslawiec, Polonia

Fin qui i fatti. Gli scenari che si aprono ora dipendono in larga parte dall’evoluzione del teatro di guerra nel brevissimo periodo, dal momento che la capacità operativa dell’esercito russo è decisamente più modesta di quella che il leader del Cremlino vuol fare apparire. Stante tuttavia che i restanti due tronconi (dal Donbass e dalla Crimea) avanzano lentissimamente, la possibilità che Kiev venga accerchiata è remota. Più probabile che se l’esercito ucraino (e chi con loro, perché è del tutto plausibile che contractors e truppe senza insegne ne abbiamo anche noi) riesce a tenere le posizioni per altre 48-72 ore, Putin si troverà in un mare di guai, incapace economicamente di prolungare una guerra estenuante. Se ciò dovesse accadere, il potere negoziale di Putin sarà pari a zero, e dovrà ragionevolmente rinunciare non solo ad ogni velleità sull’Ucraina, ma anche su Donbass e Crimea. Questo determinerebbe anche la sua fine politica, con ogni probabilità.

E le atomiche? E Taiwan? La Cina ha chiaramente fatto capire che è più interessata a continuare con la sua politica di espansione economica che a improbabili scenari da olocausto atomico. Sebbene i vertici cinesi si esibiscano nei loro consueti equilibrismi all’ONU, posti di fronte a una scelta c’è da dubitare che vogliano scatenare un conflitto su larga scala. Per le stesse ragioni, è analogamente difficile che muovano contro Taiwan: La difesa USA è troppo polarizzata nel Pacifico e il rischio che si apra per la NATO un fronte occidentale è ancora modesto. D’altro canto, a dispetto della narrativa ufficiale secondo cui L’Occidente “sta a guardare”, le cose probabilmente non stanno esattamente così (vedi punto 5) e l’intelligence cinese non può non saperlo. Peraltro Taiwan è strategicamente molto più rilevante per il blocco atlantico dell’Ucraina che, a parte grano e ferro, onestamente non è molto interessante sul piano economico.

Per concludere, qualche riflessione personale:

  1. È piuttosto triste constatare che la Chiesa Ortodossa russa sia così asservita al potere politico da non riuscire ad emettere neanche una minima forma di condanna a questa guerra. Ci sono voluti due tennisti (Rublev e Medvedev) per ricordarci che forse non tutti i russi sono favorevoli a guerre di annessione nel 2022. Il timido comunicato del patriarca Kirill è un flatus vocis che imbarazza tutte le altre chiese ortodosse.
  2. Il processo democratico in Russia è lento, ma inesorabile. Il fatto che il regime abbia limitato le piattaforme social e che la gente (soprattutto i giovani) scendano in piazza contro la guerra (e vengano per questo reclusi) è un chiaro segnale dei tempi e dell’ormai avvenuto distacco di Putin dalla realtà.
  3. Il vero vincitore di questa faccenda potrebbe essere Aleksej Naval’nyj, sempre che non venga fatto sparire prima.

Polidori

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